Una ricostruzione onesta dell’Opera di Karl Rahner
Il Sismografo, 29 marzo 2023
Karl Rahner[1] senza dubbio uno tra i più grandi teologi del ventesimo secolo, prete gesuita, ebbe una relazione con una donna, scrittrice, che durò per 20 anni, fino alla morte avvenuta nel 1984. Nessuno conosce la vicenda in modo approfondito, eccetto l’ordine dei Gesuiti, la Compagnia di Gesù.
Pubblicare la traduzione in italiano della prefazione
al libro di Luise Rinser Gratwanderung: Briefe der Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984 introduce alla relazione tra i due;
di seguito approfondisco le motivazioni.
La figura di Karl Rahner, imponente nell’ambiente
accademico tedesco e internazionale, incluso quello italiano, non richiede una
presentazione. Protagonista del Concilio Vaticano II e della cosiddetta svolta
antropologica, Rahner ribalta il pensiero teologico, ereditato dalla
neoscolastica, identificando nella relazione un cambio di prospettiva anche
nel modo di vivere e di intendere il cristianesimo: l’essere umano, fonte
dell’unica esperienza che abbiamo, è posto al centro di ogni teologia. Tanto
che chi lo critica crede, erroneamente, che Rahner abbia attribuito all’uomo il
posto che compete a Dio.
Nel 2018 si è conclusa una grande opera editoriale: la
pubblicazione delle Opere complete [2]del
teologo tedesco in 32 volumi (che comprendono un totale di 27200 pagine). Definita
da Karl Lehmann una “montagna gigantesca”, essa racchiude tutte le opere di
Rahner pubblicate dal 1904 al 1984. Andreas R. Batlogg, uno dei curatori, ne
precisa lo scopo: “Si potrà notare, ad esempio, quanto il pensiero di Rahner
fosse fondato biblicamente. Emergerà quanto il teologo tedesco attingesse con
competenza alla tradizione, che egli non si limitava a utilizzare, ma elaborava
in modo creativo. E si potrà vedere quanto Rahner fosse esperto di belle
lettere, oltre che di letteratura moderna”.
Ma nessuno dei 32 volumi contiene
l’epistolario tra il teologo e Luise Rinser, costituito
da centinaia di lettere, come da lei stessa dichiarato: “Posseggo tutte le
sue lettere, circa 1800, e una parte di quelle che gli ho spedito io”. Nel 2016
una importante casa editrice tedesca, Fischer, pubblica le lettere di lei a
Rahner[3], rivelando così per la
prima volta come la relazione amicale tra i due avesse assunto negli anni anche
una dimensione affettiva inequivocabile. Come visse Rahner il dissidio tra
ragioni del logos e spazio del cuore? Nel suo testo dedicato proprio al tema
del celibato lo definisce un “enigma tremendo”, scrivendo senza esitazioni che
“Il celibato è una ferita”.
Le lettere dell’epistolario scritte
dal teologo e indirizzate a Rinser dovrebbero appartenere a lei in modo
esclusivo, ma esiste una ragione di tipo giuridico che, ad oggi, ne impedisce
la pubblicazione, dal momento che la Compagnia di Gesù non ne ha mai gradito la
divulgazione: ne va forse della "tutela" di una figura mitica della
teologia del ventesimo secolo, di una punta di diamante dell'ordine religioso
fondato da sant'Ignazio? Eppure, conoscere la verità della sua vita, svelando
una dimensione intima come quella affettiva vissuta forse ai margini o al di
fuori dei confini imposti dal celibato, accrediterebbe quella porzione di preti
e di fedeli contrari al celibato obbligatorio, e che lo reputano
fra l'altro causa di
doppiezza e di enormi sofferenze personali. Una prescrizione di ordine
ecclesiastico che nulla ha a che vedere con la Rivelazione.
Si pongono quindi due questioni di ordine etico e
scientifico. Se si leggono i capitoli che strutturano l'Opera
omnia di Rahner[4]è lecito domandarsi perché
l'epistolario tra lui e Rinser non possa legittimamente inserirsi all'interno
di essi. Tanto più che Rinser lo dichiara esplicitamente, quando nella
prefazione scrive che le lettere contenevano “…pensieri e sentimenti, importanti
per la comprensione della sua persona e anche della sua teologia”, riferendosi
a Rahner. Pertanto, se - in Italia e nel mondo - non possiamo conoscere il
contenuto di tutte le lettere o almeno di alcune di quelle scritte dal teologo
(selezionando e avendo cura di non voler fare opera scandalistica), ritengo si
possa configurare una operazione di censura.
Una volta che si sia appurato il contenuto "anche
teologico" dello scambio epistolare con Rinser, non sarebbe un problema
trovarne una collocazione nell'attuale strutturazione dei volumi dell’Opera
omnia rahneriana: potendo, avrebbe senso ospitare le lettere nel vol. 20 (Esistenza
sacerdotale), ma – provocatoriamente, lo ammetto – anche nel vol. 15 (Responsabilità
della teologia) o nel 15 (Rinnovamento ecclesiale) o nel 18 (Corporeità
della grazia) o nel 23 (La fede nella vita di tutti i giorni). Al di
là delle provocazioni, anche nel caso di autori della contemporaneità, è
normale che, una volta chiuso il piano dell'opera, emergano nuovi scritti prima
ignoti; in questi casi di solito si dedica loro un volume a parte di “Appendici”.
È quindi urgente che i
curatori dell’Opera omnia, ai quali senz’altro non sfugge il legame tra
biografia e teologia, si arrendano alla sincerità di una ricerca senza doppi
fini (spogliare del velo clericale una certa verità umanissima), per raccontare
l’amicizia tra Rahner e Rinser nella maniera più rispettosa e corretta
possibile. La comunità scientifica ha diritto di sapere.
TRADUZIONE DELLA INTRODUZIONE
AL LIBRO DI LUISE RINSER “Sul filo del rasoio. Lettere di amicizia a
Karl Rahner 1962-1984”[5]
Prefazione
Queste lettere costituiscono una
scelta fra le centinaia che nell’arco di più due decenni scrissi a Karl Rahner;
la maggior parte sono in risposta alle sue. Il carteggio completo
comprenderebbe migliaia di pagine. Che qui ed ora vengano pubblicate soltanto
le mie ha una motivazione legale: Rahner era un gesuita e il suo ordine non
permette la pubblicazione delle sue lettere, benché io ne sia la legittima
proprietaria e Rahner non ne abbia mai preteso la restituzione all’ordine, né
abbia mai preso in considerazione questa eventualità. Nel corso degli anni
abbiamo parlato alcune volte della pubblicazione del nostro epistolario. Se non
lo avesse voluto, avrebbe potuto bruciare le mie lettere. Me le restituì,
pacchetti su pacchetti. Su alcuni ha scritto di propria mano: “dopo la mia
morte, restituire a LR senza aprire”. Alcune volte ci trovammo d’accordo sul
fatto che l’intero carteggio dovesse essere pubblicato dopo la morte di
entrambi. Ma lasciammo cadere questo pensiero, o per essere precisi:
semplicemente ce ne scordammo. Che Rahner mi abbia affidato le lettere di
entrambi e mai abbia preteso la restituzione delle sue dimostra, cosa che egli
ha più volte detto, che non era sua intenzione vederle in possesso del suo
ordine: “Con te sono del tutto al sicuro”.
Per quale ragione al sicuro? Per
chi? Se non si fossero dovute pubblicare, perché non distruggerle? Cosa sarebbe
potuto accadere nel caso?
Posseggo tutte le sue lettere, circa
1800, e una parte di quelle che gli ho spedito io. Manca una parte delle mie
lettere degli ultimi anni. Non so dove si trovino. Sono le meno importanti, le
meno interessanti fra quelle che gli ho spedito. Dunque: dalla morte di Rahner
nel 1984 non ho pensato a cosa dovesse essere delle nostre lettere. I miei
figli, dopo la mia morte, faranno la cosa giusta.
Un giorno, durante una conversazione
con il dott. Snela (allievo di Rahner) di passata e senza intenzioni
particolari, dissi di possedere centinaia di lettere mie e di Rahner. Il dott.
Snela fu dell’opinione che fosse un peccato non venissero pubblicate. Io non
ricordavo davvero cosa contenessero, né avevo desiderio di rileggerle ovvero:
mi spaventava la loro ricchezza e ampiezza, e, per quanto ricordassi, la
problematica del contenuto. Le consegnai, con la massima fiducia al dott.
Snela. Avrebbe dovuto leggerle e dare un giudizio circa un’eventuale loro
pubblicazione. Trovò l’epistolario affascinante, profondamente toccante dal
punto di vista umano e soprattutto importante per la teologia e la storia della
Chiesa. Alla fine, acconsentii, a patto che anche i Gesuiti fossero d’accordo.
Non lo furono, per quanto riguardava le lettere di Rahner. (Sulla loro
motivazione mi taccio). Delle mie lettere posso disporre liberamente. Poiché in
molti casi sono risposte alle lettere di Rahner, comunicano anche il contenuto
delle sue. Quindi anche il capitolo Rahner è per così dire compreso. Io ritengo
che l’ordine dovrebbe essere orgoglioso di aver visto militare nelle proprie
file un uomo di così grande statura umana oltre che teologica. Bisogna
possedere una grande levatura per osare quello che ha osato avendo fatto voto
di castità: amare una donna e soffrire profondamente per questo amore. Perché
tacerlo? Perché non mostrare come un uomo che ha fatto voto di castità può
amare una donna senza fallire come religioso appartenente ad un ordine, al
contrario: crescendo in questa esperienza?
Ebbene, le lettere di Rahner
rimangono per il momento purtroppo inedite. Io faccio pubblicare le mie. Sono
cosciente del rischio al quale vado incontro. Non si tratta di scandalo.
(Quello che accade oggigiorno all’interno della Chiesa cattolica riguardo
all’obbligo del celibato, per colpa della Chiesa stessa, è mille volte più
scandaloso di quello che è accaduto fra me e Rahner). Non si è trattato per noi
di “amore proibito”, ma di una volontà di esperienza che abbiamo chiamato
“beides”, “l’Entrambi”: l’esperimento divino, di essere umani, maschio e
femmina, interamente “carne e sangue” e proprio per questo vivere con pienezza
la spiritualità.
Abbiamo osato percorrere il filo
del rasoio. Abbiamo a volte camminato avanti e indietro sulla lama affilata del
coltello, non siamo stati dunque soltanto spirituali, né ingenuamente devoti,
ma dei contemporanei altamente critici, da un certo punto di vista ecclesiale
vicini all’eresia. La reale difficoltà non gravava dalla mia parte, ma da
quella di Rahner: lui ha sofferto. La mia sofferenza era solo eco e specchio
della sua. Mi amava, ma io ero legata da molti anni ad un altro uomo, anch’egli
membro di un ordine religioso. Rahner ne era a conoscenza dal principio, ma credevamo
di poter fare “entrambe” le cose: il mio amore per un altro e la profonda
relazione fra me e Rahner. Abbiamo fatto entrambe le cose, ma Rahner ha pagato
un prezzo troppo alto per farlo.
L’occasione per il mio incontro
con Rahner fu la richiesta da parte del teologo morale Egenter di scrivere un
libro sulle modalità specifiche dell’ascesi femminile. Cercai del materiale
nella mia biblioteca e trovai un volume su “Ascesi e mistica”. Il coautore era
Karl Rahner. Potevo dunque rivolgermi a lui per chiedere consiglio e aiuto.
Così gli scrissi se fosse possibile fargli visita a Innsbruck. Appena spedita
la lettera, volli inviargliene una seconda. Era mia intenzione scusarmi per il
disturbo - era ovvio che non avesse tempo - e ritirare la mia richiesta. La
risposta alla mia prima lettera era già in arrivo: mi attendeva dunque per il
27 di febbraio (1962) a mezzogiorno presso l’entrata del Collegio dei Gesuiti,
Sillgasse 6, a Innsbruck. Mi aspettavo un uomo alto, forte e slanciato che mi
avrebbe concesso mezz’ora di udienza. Prima di mezzogiorno si aprì il portone
(siamo sempre stati puntualissimi, sicché nel corso dei decenni i nostri
incontri avevano luogo sempre prima di quanto convenuto). Il famoso gesuita:
era piccolo e poco vistoso; portava sotto il braccio un impermeabile arrotolato
e aveva una borsa in mano. Ci guardammo e poi chiese: “Dove andiamo adesso?”.
Risposi secca: “All’Orso grigio. A Mangiare”. L’Orso grigio divenne il nostro
punto d’incontro per molti anni. Pranzavamo anche e il tavolo d’angolo venne
poi sempre riservato per noi.
Di cosa parlammo? Beh, del motivo
della mia venuta. Una conversazione di argomento teologico. Ma io era davvero
venuta per quello, solo per quello? Era l’epoca delle mie pene confuse per
“M.A.” Parlai a chi aveva fatto voto di castità, membro di un ordine religioso,
del mio amore per un membro di un ordine religioso che aveva fatto lo stesso
voto. Rahner ascoltò (con un orecchio, dall’altro era sordo per via della
scarlattina contratta da bambino). Poi chiese secco: “Questa cosa (questo
amore) è esclusivo?”, “Sì” risposi io. Questo “esclusivo” fu poi causa di
grande tormento per Rahner. Fin dal primo istante era a conoscenza
dell’esistenza di un uomo che io amavo in maniera “esclusiva”. Nessun segreto.
Di notte avevo fatto un sogno del quale non ricordavo il contenuto. Ma al
mattino avevo trovato un biglietto sul comodino, una busta da lettera sul cui
retro nel sogno avevo scritto: “Amore è amore solo quando segue la sua traccia”. Lo avevo
scritto io? Era (ed è) la mia grafia, ma un poco alterata. Chi lo aveva
scritto?
La mattina, dopo la messa, giunse
Rahner per colazione e gli mostrai il biglietto. Cosa significa la frase?
“Ah no”, disse nel suo dialetto
del Baden. “E’ molto semplice. Significa che non esiste un solo tipo di amore”.
Per lui era tutto chiaro, almeno pareva. Più avanti, tuttavia, una frase chiara
e semplice si sarebbe trasformata in un problema “da far soffocare il cuore”.
Potevo dunque amare due uomini? Amare in modo diverso? Credevamo avrebbero
funzionato “entrambi”. Amavo Rahner? Mi affascinava, e mi piacevano
profondamente i suoi bellissimi occhi marroni e la sua voce. Era comparso nella
mia vita nel momento esatto nel quale il terzo, M.A., mi tormentava
atrocemente, mi respingeva, racchiuso nella sua deformazione clericale, si
riavvicinava giocando a ricominciare con rinnovato impegno. Allora era arrivato
Rahner e mi aveva dato ciò che l’altro mi negava: calore, vicinanza fraterna,
timida tenerezza anche, e una discreta, ma autentica guida spirituale. Mentre
il terzo cercava di ritrarsi e nascondersi e di mentire circa i propri
sentimenti, Rahner era sempre raggiungibile per telefono o di persona e mi
scriveva. Scriveva belle lettere, quasi ogni giorno, anche cinque lettere al
giorno, e il suo autocontrollo e la sua formazione gesuitica si fecero pian
piano avvolgere dalla sua profonda e calda umanità. Era “fiorito”. Nessuna
meraviglia che io mi fossi affidata a lui con tutto il mio essere. Ritenevo il
mio sentimento amore ed ero così incauta a mostrare a Rahner questo amore. Così
facendo, probabilmente, speravo anche di dimenticare l’altro.
Per due anni Rahner ed io
(soprattutto) fummo felici e contenti. Le mie lettere lo dimostrano. Ma alla
fine la crosta di ghiaccio che si era formata attorno al mio amore per M.A.
andò in pezzi ed io realizzai che lui era il solo che potessi amare di
quell’amore che è “esclusivo”. Una delle conseguenze degli anni del Concilio fu
la possibilità di frequentare assiduamente M.A. e che a lui fosse possibile
mostrare i propri sentimenti nei miei confronti.
Rahner lo visse e gliene parlai
anche. Si sentì tradito da me e profondamente ferito, tanto da dimenticare ciò
che sin dall’inizio e ripetutamente gli avevo detto: che io amavo M.A. “in modo
esclusivo”.
Ora, la dolorosa rilettura di
queste lettere rende la mia sincerità spietata. Ma come avrei potuto
comportarmi altrimenti? Era il chicco di grano stritolato fra le macine del
mulino. Soffrii io. Soffrì Rahner. Soffrì M.A. Che situazione insostenibile,
che problema senza soluzione!
Alla fine, una soluzione la
trovammo. La guerra terminò con la pace. Mi legò a Rahner una profonda e fedele
amicizia, fino alla sua morte. Letteralmente fino alla sua morte, giacché
sentii la sua voce al telefono poche ore prima della sua dipartita.
Quando io, con molto indugio e
riluttanza, pubblicai le mie lettere, lo feci con un fondato motivo:
contenevano come eco delle lettere di Rahner, moltissimi dei suoi pensieri e
sentimenti, importanti per la comprensione della sua persona e anche della sua
teologia. Essi sono molto più di un complemento a ciò che già è stato scritto e
pubblicato su di lui; sono, rispecchiati nelle mie lettere, il suo diario
intimo, il diario di un grande teologo, ma anche di un grande uomo.
Un problema del tutto personale
circa la pubblicazione, cosa che rivelo alla incomprensione del lettore,
risiede non tanto nel mio rapporto con Rahner, quanto in ciò di cui non è possibile
parlare. Parlo di quell’ambito che pur nella sua estrema chiarezza si ritiene
oscuro. Parlo di ciò che si definisce “mistica”. Non parlo di cose “occulte” né
di parapsicologia né di “esoterismo”. Parlo semplicemente di mistica, cioè di
quella particolare modalità di vivere a contatto con l’ineffabile spirito
universale, cosa che si rivela nelle religioni del mondo che ad essa si aprono.
Io ho vissuto da bambina (forse come frutto di una vita precedente) una
autentica forma di pietà mistica che poi è stata ricoperta dalla mia
intellettualità e dalla mia frequentazione della teologia dogmatica per condurmi
all’agnosticismo fino ai confini dell’ateismo per poi recuperarla ancora più
tardi sul cammino d’incontro con le religioni dell’estremo Oriente.
Non ho parlato con nessuno delle
mie esperienze, solo con Rahner; il quale, da parte sua, affermava di non aver
mai sperimentato la mistica, benché quasi certamente avesse col proprio dio una
particolare relazione di natura mistica: la presenza silenziosa nello “Spirito
Santo”.
Le mie esperienze personali di
questa natura le rivelo giocoforza perché sono parte della mia corrispondenza
con Rahner. Ma non è l’unica ragione. Cerco di mostrare come ci si possa
collegare all’ambito dell’“entrambi”. Mi si conosce come cattolica di sinistra,
come contemporanea impegnata politicamente, come partecipante a marce di
protesta, come firmataria, anche autrice di proposte rivoluzionarie, in breve:
come persona sobria e “indisciplinata” che sa stare coi piedi per terra. In
quasi tutti i miei libri si trovano tracce che tradiscono la frequentazione con
una qualche forma di spiritualità, ma soltanto tracce, appunto. Nelle mie
lettere a Rahner parlo con chiarezza. Non mi sono decisa alla pubblicazione di
tutte queste lettere con leggerezza. Alcune necessitano di un velo di intimità
fra l’essere umano e ciò che si può chiamare dio.
Non sono la sola a vivere
“l’Entrambi”: ricordo il già presidente egiziano (assassinato) Sadat che,
prigioniero degli inglesi, nella sua autobiografia politica scriveva delle
proprie esperienze mistiche. Ricordo Dag Hammarskjöld, segretario generale delle
Nazioni Unite, uomo di finanza e politico di professione che consegnò ad un
amico il suo diario intimo (Segni sul cammino) per la pubblicazione e che
sorprese i propri lettori che, aspettandosi politica, trovarono mistica.
Sarebbe un compito allettante
quello di confezionare un libro con documenti di pietà mistica di politici o
personaggi “del mondo” dal quale non ce lo si aspetta.
Ciò che profondamente mi disturba
alla rilettura delle mie lettere e che può disturbare, stranire o addirittura
scioccare i lettori è il mio linguaggio di allora. È la lingua della teologia e
della devozione, una lingua che contiene molti cliché. Ma allora non
conoscevamo altra lingua per le esperienze spirituali. Nelle mie lettere parlo
con un teologo che era il mio “guru” e che intendeva i cliché come
linguaggio simbolico.
Il lettore noterà presto come io
mi allontanassi sempre più da questo linguaggio, abbandonassi vecchie
rappresentazioni di fede, tanto da mettere in dubbio la mia religiosità legata
alla chiesa e giungere all’agnosticismo e all’ateismo, cosa che al mio
corrispondente, gesuita e teologo dogmatico, ha creato grandi problemi. Ma
dovevo percorrere la mia strada. Mi ha portato, attraverso il contatto con le
religioni orientali, a una religione universale nella quale anche il
cristianesimo trova il proprio posto. Con grande conflitto lascio pubblicare le
lettere che parlano delle mie esperienze spirituali. Chi ne fosse stranito deve
pensare quanto oggigiorno molti contemporanei, specialmente i più giovani,
cerchino con intensità di avvicinarsi a queste esperienze con l’aiuto di
pratiche esoteriche, cosa che invece mi fu data con totale naturalezza, come a
tutti viene dato, ma dai più non percepito per mancanza di apertura.
Dunque, oso correre il duplice
rischio di questa pubblicazione con la speranza che i lettori possano afferrare
non solo la grandezza di Rahner, ma anche il chiaro e semplice fenomeno della
mistica, liberata dalla moderna ciarlataneria esoterica, fenomeno che
accompagna l’umanità attraverso i millenni del proprio cammino: il fenomeno che
consiste semplicemente nell’aprirsi al mondo dello spirito. Voglio precisare:
non si tratta di me, si tratta di Rahner, questo essere umano straordinario che
ha osato vivere amando e soffrendo e per il quale possono valere le parole di
Gesù a Natanaele, uno dei suoi discepoli: “Ecco un uomo in cui non c’è
falsità”.
Rocca di Papa, 30-3-1994
decennale della morte di K. Rahner.
Luise Rinser
[1] Friburgo in Brisgovia (Germania) 1904 – Innsbruck (Austria)
1984
[3] "Gratwanderung: Briefe der
Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984“.
[5] “Gratwanderung: Briefe der
Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984”, Luise Rinser, 2016 S. Fischer
Verlag GmbH. Alessandro Perduca ha collaborato al progetto, curandone la
traduzione
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