Una ricostruzione onesta dell’Opera di Karl Rahner

Il Sismografo, 29 marzo 2023


foto di Di Jesromtel - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=65141507


foto tratta da https://www.spiegel.de/kultur/luise-rinsers-vergesslichkeit-a-54ef2f25-0002-0001-0000-000076229390


di Emanuela Provera (link all'originale qui)

Karl Rahner[1] senza dubbio uno tra i più grandi teologi del ventesimo secolo, prete gesuita, ebbe una relazione con una donna, scrittrice, che durò per 20 anni, fino alla morte avvenuta nel 1984. Nessuno conosce la vicenda in modo approfondito, eccetto l’ordine dei Gesuiti, la Compagnia di Gesù.

Pubblicare la traduzione in italiano della prefazione al libro di Luise Rinser Gratwanderung: Briefe der Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984 introduce alla relazione tra i due; di seguito approfondisco le motivazioni.

La figura di Karl Rahner, imponente nell’ambiente accademico tedesco e internazionale, incluso quello italiano, non richiede una presentazione. Protagonista del Concilio Vaticano II e della cosiddetta svolta antropologica, Rahner ribalta il pensiero teologico, ereditato dalla neoscolastica, identificando nella relazione un cambio di prospettiva anche nel modo di vivere e di intendere il cristianesimo: l’essere umano, fonte dell’unica esperienza che abbiamo, è posto al centro di ogni teologia. Tanto che chi lo critica crede, erroneamente, che Rahner abbia attribuito all’uomo il posto che compete a Dio.

Nel 2018 si è conclusa una grande opera editoriale: la pubblicazione delle Opere complete [2]del teologo tedesco in 32 volumi (che comprendono un totale di 27200 pagine). Definita da Karl Lehmann una “montagna gigantesca”, essa racchiude tutte le opere di Rahner pubblicate dal 1904 al 1984. Andreas R. Batlogg, uno dei curatori, ne precisa lo scopo: “Si potrà notare, ad esempio, quanto il pensiero di Rahner fosse fondato biblicamente. Emergerà quanto il teologo tedesco attingesse con competenza alla tradizione, che egli non si limitava a utilizzare, ma elaborava in modo creativo. E si potrà vedere quanto Rahner fosse esperto di belle lettere, oltre che di letteratura moderna”.

Ma nessuno dei 32 volumi contiene l’epistolario tra il teologo e Luise Rinser, costituito da centinaia di lettere, come da lei stessa dichiarato: “Posseggo tutte le sue lettere, circa 1800, e una parte di quelle che gli ho spedito io”. Nel 2016 una importante casa editrice tedesca, Fischer, pubblica le lettere di lei a Rahner[3], rivelando così per la prima volta come la relazione amicale tra i due avesse assunto negli anni anche una dimensione affettiva inequivocabile. Come visse Rahner il dissidio tra ragioni del logos e spazio del cuore? Nel suo testo dedicato proprio al tema del celibato lo definisce un “enigma tremendo”, scrivendo senza esitazioni che “Il celibato è una ferita”.

Le lettere dell’epistolario scritte dal teologo e indirizzate a Rinser dovrebbero appartenere a lei in modo esclusivo, ma esiste una ragione di tipo giuridico che, ad oggi, ne impedisce la pubblicazione, dal momento che la Compagnia di Gesù non ne ha mai gradito la divulgazione: ne va forse della "tutela" di una figura mitica della teologia del ventesimo secolo, di una punta di diamante dell'ordine religioso fondato da sant'Ignazio? Eppure, conoscere la verità della sua vita, svelando una dimensione intima come quella affettiva vissuta forse ai margini o al di fuori dei confini imposti dal celibato, accrediterebbe quella porzione di preti e di fedeli contrari al celibato obbligatorio, e che lo reputano fra l'altro causa di doppiezza e di enormi sofferenze personali. Una prescrizione di ordine ecclesiastico che nulla ha a che vedere con la Rivelazione.

Si pongono quindi due questioni di ordine etico e scientifico. Se si leggono i capitoli che strutturano l'Opera omnia di Rahner[4]è lecito domandarsi perché l'epistolario tra lui e Rinser non possa legittimamente inserirsi all'interno di essi. Tanto più che Rinser lo dichiara esplicitamente, quando nella prefazione scrive che le lettere contenevano “…pensieri e sentimenti, importanti per la comprensione della sua persona e anche della sua teologia”, riferendosi a Rahner. Pertanto, se - in Italia e nel mondo - non possiamo conoscere il contenuto di tutte le lettere o almeno di alcune di quelle scritte dal teologo (selezionando e avendo cura di non voler fare opera scandalistica), ritengo si possa configurare una operazione di censura. 

Una volta che si sia appurato il contenuto "anche teologico" dello scambio epistolare con Rinser, non sarebbe un problema trovarne una collocazione nell'attuale strutturazione dei volumi dell’Opera omnia rahneriana: potendo, avrebbe senso ospitare le lettere nel vol. 20 (Esistenza sacerdotale), ma – provocatoriamente, lo ammetto – anche nel vol. 15 (Responsabilità della teologia) o nel 15 (Rinnovamento ecclesiale) o nel 18 (Corporeità della grazia) o nel 23 (La fede nella vita di tutti i giorni). Al di là delle provocazioni, anche nel caso di autori della contemporaneità, è normale che, una volta chiuso il piano dell'opera, emergano nuovi scritti prima ignoti; in questi casi di solito si dedica loro un volume a parte di “Appendici”.

È quindi urgente che i curatori dell’Opera omnia, ai quali senz’altro non sfugge il legame tra biografia e teologia, si arrendano alla sincerità di una ricerca senza doppi fini (spogliare del velo clericale una certa verità umanissima), per raccontare l’amicizia tra Rahner e Rinser nella maniera più rispettosa e corretta possibile. La comunità scientifica ha diritto di sapere.

 

TRADUZIONE DELLA INTRODUZIONE AL LIBRO DI LUISE RINSER “Sul filo del rasoio. Lettere di amicizia a Karl Rahner 1962-1984”[5]

Prefazione

Queste lettere costituiscono una scelta fra le centinaia che nell’arco di più due decenni scrissi a Karl Rahner; la maggior parte sono in risposta alle sue. Il carteggio completo comprenderebbe migliaia di pagine. Che qui ed ora vengano pubblicate soltanto le mie ha una motivazione legale: Rahner era un gesuita e il suo ordine non permette la pubblicazione delle sue lettere, benché io ne sia la legittima proprietaria e Rahner non ne abbia mai preteso la restituzione all’ordine, né abbia mai preso in considerazione questa eventualità. Nel corso degli anni abbiamo parlato alcune volte della pubblicazione del nostro epistolario. Se non lo avesse voluto, avrebbe potuto bruciare le mie lettere. Me le restituì, pacchetti su pacchetti. Su alcuni ha scritto di propria mano: “dopo la mia morte, restituire a LR senza aprire”. Alcune volte ci trovammo d’accordo sul fatto che l’intero carteggio dovesse essere pubblicato dopo la morte di entrambi. Ma lasciammo cadere questo pensiero, o per essere precisi: semplicemente ce ne scordammo. Che Rahner mi abbia affidato le lettere di entrambi e mai abbia preteso la restituzione delle sue dimostra, cosa che egli ha più volte detto, che non era sua intenzione vederle in possesso del suo ordine: “Con te sono del tutto al sicuro”.

Per quale ragione al sicuro? Per chi? Se non si fossero dovute pubblicare, perché non distruggerle? Cosa sarebbe potuto accadere nel caso?

Posseggo tutte le sue lettere, circa 1800, e una parte di quelle che gli ho spedito io. Manca una parte delle mie lettere degli ultimi anni. Non so dove si trovino. Sono le meno importanti, le meno interessanti fra quelle che gli ho spedito. Dunque: dalla morte di Rahner nel 1984 non ho pensato a cosa dovesse essere delle nostre lettere. I miei figli, dopo la mia morte, faranno la cosa giusta.

Un giorno, durante una conversazione con il dott. Snela (allievo di Rahner) di passata e senza intenzioni particolari, dissi di possedere centinaia di lettere mie e di Rahner. Il dott. Snela fu dell’opinione che fosse un peccato non venissero pubblicate. Io non ricordavo davvero cosa contenessero, né avevo desiderio di rileggerle ovvero: mi spaventava la loro ricchezza e ampiezza, e, per quanto ricordassi, la problematica del contenuto. Le consegnai, con la massima fiducia al dott. Snela. Avrebbe dovuto leggerle e dare un giudizio circa un’eventuale loro pubblicazione. Trovò l’epistolario affascinante, profondamente toccante dal punto di vista umano e soprattutto importante per la teologia e la storia della Chiesa. Alla fine, acconsentii, a patto che anche i Gesuiti fossero d’accordo. Non lo furono, per quanto riguardava le lettere di Rahner. (Sulla loro motivazione mi taccio). Delle mie lettere posso disporre liberamente. Poiché in molti casi sono risposte alle lettere di Rahner, comunicano anche il contenuto delle sue. Quindi anche il capitolo Rahner è per così dire compreso. Io ritengo che l’ordine dovrebbe essere orgoglioso di aver visto militare nelle proprie file un uomo di così grande statura umana oltre che teologica. Bisogna possedere una grande levatura per osare quello che ha osato avendo fatto voto di castità: amare una donna e soffrire profondamente per questo amore. Perché tacerlo? Perché non mostrare come un uomo che ha fatto voto di castità può amare una donna senza fallire come religioso appartenente ad un ordine, al contrario: crescendo in questa esperienza?

Ebbene, le lettere di Rahner rimangono per il momento purtroppo inedite. Io faccio pubblicare le mie. Sono cosciente del rischio al quale vado incontro. Non si tratta di scandalo. (Quello che accade oggigiorno all’interno della Chiesa cattolica riguardo all’obbligo del celibato, per colpa della Chiesa stessa, è mille volte più scandaloso di quello che è accaduto fra me e Rahner). Non si è trattato per noi di “amore proibito”, ma di una volontà di esperienza che abbiamo chiamato “beides”, “l’Entrambi”: l’esperimento divino, di essere umani, maschio e femmina, interamente “carne e sangue” e proprio per questo vivere con pienezza la spiritualità.

Abbiamo osato percorrere il filo del rasoio. Abbiamo a volte camminato avanti e indietro sulla lama affilata del coltello, non siamo stati dunque soltanto spirituali, né ingenuamente devoti, ma dei contemporanei altamente critici, da un certo punto di vista ecclesiale vicini all’eresia. La reale difficoltà non gravava dalla mia parte, ma da quella di Rahner: lui ha sofferto. La mia sofferenza era solo eco e specchio della sua. Mi amava, ma io ero legata da molti anni ad un altro uomo, anch’egli membro di un ordine religioso. Rahner ne era a conoscenza dal principio, ma credevamo di poter fare “entrambe” le cose: il mio amore per un altro e la profonda relazione fra me e Rahner. Abbiamo fatto entrambe le cose, ma Rahner ha pagato un prezzo troppo alto per farlo.

L’occasione per il mio incontro con Rahner fu la richiesta da parte del teologo morale Egenter di scrivere un libro sulle modalità specifiche dell’ascesi femminile. Cercai del materiale nella mia biblioteca e trovai un volume su “Ascesi e mistica”. Il coautore era Karl Rahner. Potevo dunque rivolgermi a lui per chiedere consiglio e aiuto. Così gli scrissi se fosse possibile fargli visita a Innsbruck. Appena spedita la lettera, volli inviargliene una seconda. Era mia intenzione scusarmi per il disturbo - era ovvio che non avesse tempo - e ritirare la mia richiesta. La risposta alla mia prima lettera era già in arrivo: mi attendeva dunque per il 27 di febbraio (1962) a mezzogiorno presso l’entrata del Collegio dei Gesuiti, Sillgasse 6, a Innsbruck. Mi aspettavo un uomo alto, forte e slanciato che mi avrebbe concesso mezz’ora di udienza. Prima di mezzogiorno si aprì il portone (siamo sempre stati puntualissimi, sicché nel corso dei decenni i nostri incontri avevano luogo sempre prima di quanto convenuto). Il famoso gesuita: era piccolo e poco vistoso; portava sotto il braccio un impermeabile arrotolato e aveva una borsa in mano. Ci guardammo e poi chiese: “Dove andiamo adesso?”. Risposi secca: “All’Orso grigio. A Mangiare”. L’Orso grigio divenne il nostro punto d’incontro per molti anni. Pranzavamo anche e il tavolo d’angolo venne poi sempre riservato per noi.

Di cosa parlammo? Beh, del motivo della mia venuta. Una conversazione di argomento teologico. Ma io era davvero venuta per quello, solo per quello? Era l’epoca delle mie pene confuse per “M.A.” Parlai a chi aveva fatto voto di castità, membro di un ordine religioso, del mio amore per un membro di un ordine religioso che aveva fatto lo stesso voto. Rahner ascoltò (con un orecchio, dall’altro era sordo per via della scarlattina contratta da bambino). Poi chiese secco: “Questa cosa (questo amore) è esclusivo?”, “Sì” risposi io. Questo “esclusivo” fu poi causa di grande tormento per Rahner. Fin dal primo istante era a conoscenza dell’esistenza di un uomo che io amavo in maniera “esclusiva”. Nessun segreto. Di notte avevo fatto un sogno del quale non ricordavo il contenuto. Ma al mattino avevo trovato un biglietto sul comodino, una busta da lettera sul cui retro nel sogno avevo scritto: “Amore è amore solo quando segue la sua traccia”. Lo avevo scritto io? Era (ed è) la mia grafia, ma un poco alterata. Chi lo aveva scritto?

La mattina, dopo la messa, giunse Rahner per colazione e gli mostrai il biglietto. Cosa significa la frase?

“Ah no”, disse nel suo dialetto del Baden. “E’ molto semplice. Significa che non esiste un solo tipo di amore”. Per lui era tutto chiaro, almeno pareva. Più avanti, tuttavia, una frase chiara e semplice si sarebbe trasformata in un problema “da far soffocare il cuore”. Potevo dunque amare due uomini? Amare in modo diverso? Credevamo avrebbero funzionato “entrambi”. Amavo Rahner? Mi affascinava, e mi piacevano profondamente i suoi bellissimi occhi marroni e la sua voce. Era comparso nella mia vita nel momento esatto nel quale il terzo, M.A., mi tormentava atrocemente, mi respingeva, racchiuso nella sua deformazione clericale, si riavvicinava giocando a ricominciare con rinnovato impegno. Allora era arrivato Rahner e mi aveva dato ciò che l’altro mi negava: calore, vicinanza fraterna, timida tenerezza anche, e una discreta, ma autentica guida spirituale. Mentre il terzo cercava di ritrarsi e nascondersi e di mentire circa i propri sentimenti, Rahner era sempre raggiungibile per telefono o di persona e mi scriveva. Scriveva belle lettere, quasi ogni giorno, anche cinque lettere al giorno, e il suo autocontrollo e la sua formazione gesuitica si fecero pian piano avvolgere dalla sua profonda e calda umanità. Era “fiorito”. Nessuna meraviglia che io mi fossi affidata a lui con tutto il mio essere. Ritenevo il mio sentimento amore ed ero così incauta a mostrare a Rahner questo amore. Così facendo, probabilmente, speravo anche di dimenticare l’altro.

Per due anni Rahner ed io (soprattutto) fummo felici e contenti. Le mie lettere lo dimostrano. Ma alla fine la crosta di ghiaccio che si era formata attorno al mio amore per M.A. andò in pezzi ed io realizzai che lui era il solo che potessi amare di quell’amore che è “esclusivo”. Una delle conseguenze degli anni del Concilio fu la possibilità di frequentare assiduamente M.A. e che a lui fosse possibile mostrare i propri sentimenti nei miei confronti.

Rahner lo visse e gliene parlai anche. Si sentì tradito da me e profondamente ferito, tanto da dimenticare ciò che sin dall’inizio e ripetutamente gli avevo detto: che io amavo M.A. “in modo esclusivo”.

Ora, la dolorosa rilettura di queste lettere rende la mia sincerità spietata. Ma come avrei potuto comportarmi altrimenti? Era il chicco di grano stritolato fra le macine del mulino. Soffrii io. Soffrì Rahner. Soffrì M.A. Che situazione insostenibile, che problema senza soluzione!

Alla fine, una soluzione la trovammo. La guerra terminò con la pace. Mi legò a Rahner una profonda e fedele amicizia, fino alla sua morte. Letteralmente fino alla sua morte, giacché sentii la sua voce al telefono poche ore prima della sua dipartita.

Quando io, con molto indugio e riluttanza, pubblicai le mie lettere, lo feci con un fondato motivo: contenevano come eco delle lettere di Rahner, moltissimi dei suoi pensieri e sentimenti, importanti per la comprensione della sua persona e anche della sua teologia. Essi sono molto più di un complemento a ciò che già è stato scritto e pubblicato su di lui; sono, rispecchiati nelle mie lettere, il suo diario intimo, il diario di un grande teologo, ma anche di un grande uomo.

Un problema del tutto personale circa la pubblicazione, cosa che rivelo alla incomprensione del lettore, risiede non tanto nel mio rapporto con Rahner, quanto in ciò di cui non è possibile parlare. Parlo di quell’ambito che pur nella sua estrema chiarezza si ritiene oscuro. Parlo di ciò che si definisce “mistica”. Non parlo di cose “occulte” né di parapsicologia né di “esoterismo”. Parlo semplicemente di mistica, cioè di quella particolare modalità di vivere a contatto con l’ineffabile spirito universale, cosa che si rivela nelle religioni del mondo che ad essa si aprono. Io ho vissuto da bambina (forse come frutto di una vita precedente) una autentica forma di pietà mistica che poi è stata ricoperta dalla mia intellettualità e dalla mia frequentazione della teologia dogmatica per condurmi all’agnosticismo fino ai confini dell’ateismo per poi recuperarla ancora più tardi sul cammino d’incontro con le religioni dell’estremo Oriente.

Non ho parlato con nessuno delle mie esperienze, solo con Rahner; il quale, da parte sua, affermava di non aver mai sperimentato la mistica, benché quasi certamente avesse col proprio dio una particolare relazione di natura mistica: la presenza silenziosa nello “Spirito Santo”.

Le mie esperienze personali di questa natura le rivelo giocoforza perché sono parte della mia corrispondenza con Rahner. Ma non è l’unica ragione. Cerco di mostrare come ci si possa collegare all’ambito dell’“entrambi”. Mi si conosce come cattolica di sinistra, come contemporanea impegnata politicamente, come partecipante a marce di protesta, come firmataria, anche autrice di proposte rivoluzionarie, in breve: come persona sobria e “indisciplinata” che sa stare coi piedi per terra. In quasi tutti i miei libri si trovano tracce che tradiscono la frequentazione con una qualche forma di spiritualità, ma soltanto tracce, appunto. Nelle mie lettere a Rahner parlo con chiarezza. Non mi sono decisa alla pubblicazione di tutte queste lettere con leggerezza. Alcune necessitano di un velo di intimità fra l’essere umano e ciò che si può chiamare dio.

Non sono la sola a vivere “l’Entrambi”: ricordo il già presidente egiziano (assassinato) Sadat che, prigioniero degli inglesi, nella sua autobiografia politica scriveva delle proprie esperienze mistiche. Ricordo Dag Hammarskjöld, segretario generale delle Nazioni Unite, uomo di finanza e politico di professione che consegnò ad un amico il suo diario intimo (Segni sul cammino) per la pubblicazione e che sorprese i propri lettori che, aspettandosi politica, trovarono mistica.

Sarebbe un compito allettante quello di confezionare un libro con documenti di pietà mistica di politici o personaggi “del mondo” dal quale non ce lo si aspetta.

Ciò che profondamente mi disturba alla rilettura delle mie lettere e che può disturbare, stranire o addirittura scioccare i lettori è il mio linguaggio di allora. È la lingua della teologia e della devozione, una lingua che contiene molti cliché. Ma allora non conoscevamo altra lingua per le esperienze spirituali. Nelle mie lettere parlo con un teologo che era il mio “guru” e che intendeva i cliché come linguaggio simbolico.

Il lettore noterà presto come io mi allontanassi sempre più da questo linguaggio, abbandonassi vecchie rappresentazioni di fede, tanto da mettere in dubbio la mia religiosità legata alla chiesa e giungere all’agnosticismo e all’ateismo, cosa che al mio corrispondente, gesuita e teologo dogmatico, ha creato grandi problemi. Ma dovevo percorrere la mia strada. Mi ha portato, attraverso il contatto con le religioni orientali, a una religione universale nella quale anche il cristianesimo trova il proprio posto. Con grande conflitto lascio pubblicare le lettere che parlano delle mie esperienze spirituali. Chi ne fosse stranito deve pensare quanto oggigiorno molti contemporanei, specialmente i più giovani, cerchino con intensità di avvicinarsi a queste esperienze con l’aiuto di pratiche esoteriche, cosa che invece mi fu data con totale naturalezza, come a tutti viene dato, ma dai più non percepito per mancanza di apertura.

Dunque, oso correre il duplice rischio di questa pubblicazione con la speranza che i lettori possano afferrare non solo la grandezza di Rahner, ma anche il chiaro e semplice fenomeno della mistica, liberata dalla moderna ciarlataneria esoterica, fenomeno che accompagna l’umanità attraverso i millenni del proprio cammino: il fenomeno che consiste semplicemente nell’aprirsi al mondo dello spirito. Voglio precisare: non si tratta di me, si tratta di Rahner, questo essere umano straordinario che ha osato vivere amando e soffrendo e per il quale possono valere le parole di Gesù a Natanaele, uno dei suoi discepoli: “Ecco un uomo in cui non c’è falsità”.

Rocca di Papa, 30-3-1994 decennale della morte di K. Rahner.

Luise Rinser

 

 

 

 

 



[1] Friburgo in Brisgovia (Germania) 1904 – Innsbruck (Austria) 1984

[3] "Gratwanderung: Briefe der Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984“.

[5] Gratwanderung: Briefe der Freundschaft an Karl Rahner 1962-1984”, Luise Rinser, 2016 S. Fischer Verlag GmbH. Alessandro Perduca ha collaborato al progetto, curandone la traduzione


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