Opus Dei, l'altra verità

 

tratta da: https://es.wikipedia.org/wiki/Josemaría_Escrivá_de_Balaguer#/media/Archivo:Josemaria_Escriva.jpg


MicroMega +, 7 Ottobre 2022


di Emanuela Provera (link all'originale qui)

«Sono entrata a far parte dell’Opus Dei all’insaputa e senza il consenso dei miei genitori. Ho lavorato come collaboratrice domestica per 16 ore al giorno, 7 giorni la settimana, 12 mesi all’anno senza pause, ferie, giorni di malattia e senza percepire alcuna retribuzione», è lo sfogo accorato che raccolgo da Filomena (nome di fantasia), una donna inglese che insieme ad altre 42 numerarie ausiliari[1] ha denunciato la prelatura dell’Opus Dei davanti al Vaticano e alla Congregazione per la Dottrina della Fede, nel settembre del 2021. L’ accusa è “Abusi di potere e di coscienza” con sottomissione delle vittime a situazioni di sfruttamento personale.

Papa Francesco ne viene a conoscenza, svolge un’accurata indagine e, qualche mese più tardi, promulga due provvedimenti di portata epocale per l’Opus Dei: il primo  sancisce la natura esclusivamente clericale dell’istituzione, i laici sono eventualmente al servizio del clero e non viceversa come invece Escrivá ha sempre voluto far credere; il secondo stabilisce che il prelato (attualmente Mons. Fernando Ocáriz) non sarà più insignito, né insignibile dell’ordine episcopale, non potrà essere vescovo come invece lo furono i suoi predecessori Álvaro del Portillo e Javier Echevarría Rodriguez. Da quel momento il governo dell’Opus Dei si fonderà sul carisma più che sull’autorità gerarchica[2]. Ma «non può essere carisma qualcosa che lede e abusa così della coscienza delle persone e viola la loro libertà» sono le parole di Marta (nome di fantasia) che ha subito per un lungo periodo atti di abuso spirituale, controllo sistematico della coscienza e violenza psicologica, con intromissione invadente nella vita famigliare e negli spazi della sua abitazione, da parte di preti e laici dell’Opus Dei.

Oggi appaiono lontani i giorni festosi che prepararono quel 6 ottobre 2002, quando il fondatore fu proclamato santo. La storia della prelatura, in Italia, che è stata segnata da profonde crisi interne (come quella degli anni ’50 quando tutta la direzione centrale se ne andò lasciando Escrivá, da solo, al comando dell’Opus Dei, quella del 1973 quando uno degli uomini più vicini a Escrivá, il prete Ugo Parroco, abbandonò l’istituzione, lasciando il sacerdozio e sposandosi) segue comunque una parabola discendente solcata da avvenimenti di portata anche internazionale.

Torniamo indietro di qualche decennio, nel 1988: a sette anni dalla promulgazione del Decreto che introduce la Causa di canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer, termina l’elaborazione della Positio[3], ossia la trattazione, in quattro volumi per un totale di 6.000 pagine, della vita e delle virtù del Servo di Dio. Sappiamo che l’esito del processo canonico sarà positivo, Giovanni Paolo II proclamerà Escrivá santo. Contemporaneamente allo svolgersi della procedura che, per un periodo di circa vent’anni, prepara la proclamazione della sua santità vengono scritte altre pagine da chi ha lasciato l’istituzione. Sono le voci contro l’Opus Dei e il suo fondatore, che se trascritte supererebbero di gran lunga le seimila che ne decretavano la sua esaltazione. Purtroppo, non sono mai state prese in considerazione dalla Congregazione delle Cause dei Santi; il postulatore di Escrivá, don Flavio Capucci (che nel processo svolse il ruolo di ‘promotore’ del candidato) ebbe un peso impareggiabile nella conduzione di tutte le fasi del procedimento.

Spagna: poche settimane[4] fa papa Francesco ha annunciato la riapertura, in sede canonica, di un caso di violenza subita da uno studente del Colegio Gaztelueta, una scuola spagnola affidata alla cura pastorale dell’Opus Dei; nel 2015 infatti la Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dal gesuita Luis Ladaria, archiviava il caso reputando “non credibile” il racconto della vittima. È così che la vittima fu abusata una seconda volta, disconoscendo la verità dei fatti che raccontò.

La Corte di Vizcaya invece nel 2018 condannò l’imputato, l’ex numerario dell’Opus Dei, José María Martínez Sanz, a undici anni di carcere per atti compiuti tra il 2008 e il 2010. La Corte Suprema ha confermato la condanna diminuendo la pena a due anni.

Cile: il 29 agosto 2022 l’ufficio di comunicazione dell’Opus Dei informa che la prelatura ha transato un risarcimento pecuniario con la vittima “di abuso di coscienza e di potere con connotazioni sessuali” compiuto da un prete dell’istituzione, don Carlos Rodríguez Picado.  La vittima, Luis Arévalo S., ha anche chiesto e ottenuto che la prelatura faciliti alle vittime il modo di sporgere denuncia attraverso il sito istituzionale. Il prete abusatore, Carlos Rodríguez Picado, ha subito provvedimenti sanzionatori di tipo canonico ma ha evitato un regolare processo penale come sarebbe accaduto a qualunque altro cittadino del suo Stato; perché?

Argentina, Paraguay, Bolivia, Europa: come riportato all’inizio di questo articolo, il 9 settembre 2021 quarantatré donne dell’Opus Dei[5], che all’interno dell’Istituzione lavorarono come numerarie ausiliari, denunciano la prelatura, davanti alla Congregazione per la Dottrina della Fede: abuso di potere, tratta di esseri umani, sfruttamento e servitù. Lo Studio Legale che segue la vicenda è “Sal & Morchio” di Buenos Aires; uno degli avvocati mi racconta che a poche settimane dalla denuncia in Vaticano, il prelato mons. Fernando Ocáriz nomina nuovo Vicario regionale dell’Argentina don Juan Llavallol, è il 29 settembre 2021. Nel mese di novembre l’agenzia Reuters diffonde in tutto il mondo la notizia della denuncia ed è solo in questo momento che il nuovo Vicario contatta lo Studio “Sal & Morchio” per concordare un incontro; l’avvocato Sebastián Sal mi racconta cosa è accaduto:  «In tale riunione il Vicario riconosce tutti gli abusi citati, si impegna a chiedere perdono istituzionale alle donne, dice che tutto questo, nell'Opus Dei, non accade più e che a breve gli avvocati dell'Opus Dei ci avrebbero contattato per trattare la questione economica»[6]; l’istituzione appare fortemente in affanno e sembra che agisca solo per arginare lo tsunami che l’ha investita; infatti pochi giorni dopo lo Studio Legale si incontra con gli avvocati mandati dall’Opus Dei i quali smentiscono tutti i fatti ammessi da don Juan Llavallol e rifiutano un secondo incontro.  

Questi elencati sono solo alcuni episodi, recenti, che coinvolgono in modo grave la prelatura dell’Opus Dei fondata da san Josemaría. Ma esiste tutto il sommerso di cui ancora non è stata data notizia, che potrebbe provocare successive ondate di denunce e processi.

L’origine degli abusi che hanno segnato l’istituzione risiede in quello che i membri chiamano lo ‘Spirito dell’Opus Dei’; un compendio di norme e regole, scritte e dettagliate, che trovano la primitiva ispirazione nella bibbia dell’Opus Dei, “Camino” una raccolta di 999 massime, nella quale Josemaría Escrivá de Balaguer delinea una precisa fisionomia spirituale: l’obbedienza innanzitutto, lo spirito critico è bandito, , il cuore è sempre traditore, la gola l’anticamera dell’impurità, l’umiliazione e la disistima sono esaltate come mezzo di santificazione, la mortificazione deve essere continua, la donna è sufficiente sia saggia, solo all’uomo spetta la sapienza, la confessione sacramentale e la direzione spirituale gli strumenti imprescindibili per entrare nell’Opus Dei, la sfiducia in se stessi, la consegna della propria intimità ai direttori, la strumentalizzazione delle amicizie per scopi esclusivamente apostolici o proselitistici. E poi la repressione della sessualità e del desiderio, nelle sue diverse forme, persino quando gli ambiti sono quelli della cultura, della vita intellettuale, della conoscenza, così come della ricerca psicologica o psicoanalitica. L’istituzione controlla ed esercita la propria autorità su ogni sfera della vita dei membri, incluso il loro tempo libero, come le vacanze che si fanno abitualmente “in gruppo” e in luoghi tipici come l’Alpe di Siusi, tra le più belle Dolomiti in Alto Adige, «La mancanza di professionalità, una vita costantemente controllata e normata da regole rigide mi hanno portata a lasciare l’istituzione dopo diciotto anni che ne facevo parte» mi confida Heidi Berger, tedesca, entrata nell’istituzione all’età di 14 anni.

Dentro l’Opus Dei

La vita nell’Opus Dei è una storia segnata dalla violenza subita da molte persone che ne hanno fatto parte, ancora bisognose di ascolto e giustizia. Come abbia potuto evolversi nella canonizzazione del suo fondatore, Josemaría Escrivá de Balaguer, è in parte un mistero. Quel 6 ottobre 2002, giorno della proclamazione solenne della sua santità, è stata calpestata la dignità dei sopravvissuti al carisma di un’organizzazione nata in Spagna nel 1928 con lo scopo apparente di proclamare la santificazione della vita ordinaria, dando testimonianza di fede cristiana nel lavoro professionale. Non è stato possibile, negli anni del suo sviluppo, conoscere quello che realmente avveniva al suo interno perché, per volere del fondatore, alcune pratiche ascetiche fondamentali così come la connessione tra uomini e potere dovevano essere taciute[7]. Tutta la comunicazione dell’Opus Dei, sia quella esterna sia quella interna verso gli stessi membri, si fonda sull’alterazione della storia e del linguaggio tanto che gli stessi appartenenti (soprattutto i livelli bassi e intermedi) raccontano con convinzione delle autentiche falsità.  Questo è il motivo per cui, in Italia, la stampa ha faticato ad affrontare con rigore le questioni e la storia di questa istituzione: l’azione di insabbiamento e di travisamento dei fatti glielo impedisce. La maggior parte dei membri dell’Opus Dei è convinta che l’istituzione abbia finalità puramente spirituali e che chi racconta una verità diversa da quella in cui loro stessi credono è mosso dal demonio, o dal male e dal risentimento personale. La modalità segreta con cui si è svolta l’azione dell’Opera nel mondo è sempre stata mitigata con parole come umiltà, discrezione e riservatezza, ma “ciò va a tutto vantaggio di chi voglia operare una ridefinizione del linguaggio, e tramite questo, del mondo percepito, come aveva superbamente messo in rilievo anche George Orwell”[8]. È quindi normale sentire i simpatizzanti e le persone che appartengono all’Opus Dei dichiarare: “L’Opus Dei non ha nulla a che vedere con le faccende politiche, è una istituzione della Chiesa con finalità puramente spirituali e religiose…”.

Un altro fattore che ha contribuito alla copertura dell’azione svolta dall’Opus Dei al suo interno o in attività di carattere temporale è l’appoggio ricevuto dalle istituzioni civili, dai governi e delle autorità politiche. Di fronte alle accuse di sfruttamento nel lavoro provenienti da donne che hanno fatto parte della prelatura in diverse parti del mondo, l’Opera ha sempre risposto dichiarando che le strutture presso cui hanno lavorato i suoi membri non hanno fini di lucro ma scopi educativi e di promozione sociale e hanno sempre goduto del benestare delle autorità locali o nazionali. In Italia diverse decine di Residenze Universitarie gestite dall’Opus Dei continuano a ricevere finanziamenti dello Stato tramite il ministero dell’Università e della Ricerca. Ma anche altre realtà ‘culturali’ o di ‘ricerca’ che rientrano nei Collegi di merito beneficiano di finanziamenti pubblici oltre che privati.

Un’altra verità  

Un’altra verità ha iniziato a farsi strada mentre nel corso degli anni i transfughi hanno cominciato a parlare; membri numerari (e tra queste le numerarie ausiliari), aggregati, soprannumerari hanno raccontato pubblicamente la loro vita dentro l’Opus Dei. È emersa una tremenda analogia delle loro testimonianze: abuso spirituale, limitazione della libertà, controllo delle emozioni, intromissione nelle scelte professionali, isolamento, limitazioni dalla vita sociale, proibizioni nelle letture dei libri e nella visione dei film, divieto di esercizio della sessualità, dipendenza affettiva nei confronti dei superiori e del direttore spirituale, proibizione di ricorrere a supporti psicologici o psichiatrici che non fossero autorizzati dai superiori, violazione delle norme che regolano il diritto del lavoro, violazione delle tutele previdenziali, induzione al suicidio, stati permanenti di esasperazione e depressione, alienazione e condizione indotta di povertà economica. In Italia sono state inoltre determinanti le indagini condotte da bravi giornalisti; ricordo con una certa commozione Maurizio Di Giacomo che poco prima di morire, affaticato dalla malattia, affrontò un pesante viaggio da Roma a Milano per consegnarmi una valigia piena dei documenti che gli servirono per scrivere “Opus Dei” pubblicato da Tullio Pironti Editore nel 1987; era la prima volta che si rendevano pubblici gli Statuti[9] che da pochi anni reggevano l’istituzione. Ma ancora prima, all’inizio degli anni Settanta, La Sugar Editore pubblicava in Italia il bel libro di Yvon Le Vaillant “Sainte Maffia: Le Dossier de l’Opus Dei” nel quale, ben documentate, vengono raffigurate le modalità occulte con cui i membri dell’Opus Dei penetravano gli ambienti accademici, universitari e industriali. Il primo libro che raccoglie invece le testimonianze dei transfughi è “Opus Dei segreta” di Ferruccio Pinotti pubblicato dalla Bur nel 2006; ebbe una grande eco e costrinse la prelatura a difendersi di fronte all’opinione pubblica del nostro paese. I giornalisti Giuseppe Oddo e Angelo Mincuzzi lavorarono ad una grande inchiesta e rivelarono cosa ruotava intorno all’assassinio del finanziere Gianmario Roveraro, soprannumerario dell’Opus Dei e punta di diamante della finanza cattolica milanese: associazioni, fondazioni e società riconducibili alla prelatura; il libro, pubblicato nel 2011 da Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, è “Opus Dei il segreto dei soldi”. Emerge una realtà cruda, a tratti cinica, fatta di interessi e intrecci economici, lontana dalla predicazione celebrativa dell’istituzione: “le uniche guerre che si combattono, tra una stock option e l’altra, sono quelle del potere” non quelle di religione. Non a caso i primi a rompere con Roveraro, dopo la sua uscita dalla Sige, sono i “colleghi” dell’Opus Dei…

La canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer, così come quelle appena avviate di altri fondatori carismatici, è soprattutto una questione di potere e ha una rilevanza più secolare che non spirituale; inoltre, dal punto di vista del magistero ordinario, in ambito cattolico, la coscienza dei fedeli non è vincolata al giudizio della chiesa sulla santità di una persona.

Un nuovo corso

L’Opus Dei è ora in difficoltà: meno vocazioni, meno clamore, meno case dedicate alle sue attività, meno appoggi; il Castello di Urio sul Lago di Como, prestigiosa ed elegante sede, deputata a convegni e attività formative promosse dalla prelatura, è stata trasformata in un sito per eventi festosi: viene affittata per matrimoni[10] con lo scopo di raccogliere soldi e sfruttare i suoi ampi e lussuosi spazi.

Ma la preoccupazione forse più grande che si trova ad affrontare la prelatura dell’Opus Dei sono le notizie di abusi commessi dai suoi membri e divulgate dalla stampa internazionale; a tale proposito è stato istituito, nel 2016, un Servizio di tutela dei minori e persone vulnerabili attraverso l’approvazione delle ‘Norme per l’indagine in caso di accuse di abuso sessuale nei confronti di minori attribuite a fedeli della Prelatura dell’Opus Dei in Italia’; il 4 novembre 2021 (guarda caso dopo la presentazione della denuncia fatta dalle 43 ex numerarie ausiliari al Vaticano e alla CDF) l’Opus Dei approva il ‘Protocollo per l’indagine in caso di denunce e altre notizie di abuso contro i minori e persone vulnerabili nelle attività apostoliche e di formazione cristiana realizzate dalla Prelatura dell’Opus Dei in Italia’. Contattato per reperire aggiornamenti sul tema, l’ufficio stampa della prelatura risponde che “Dal 2016 ad oggi né al Comitato né ai coordinatori sono arrivate denunce o segnalazioni di abusi”.

Che non significa ‘nessun abuso’, perché essendo, il Servizio di tutela, un organismo interno non può essere imparziale, e mancando l’elemento della terzietà le vittime non si sentono motivate a ricorrervi per ottenere verità e giustizia.

Escrivá de Balaguer è diventato santo grazie ad un processo ininterrotto di consolidamento del suo potere e di autonomia dal controllo della Santa Sede. Tra i principali responsabili di questa storia vi sono almeno due personaggi di rilievo: Paolo VI che nel 1969 accoglieva la richiesta di Escrivá di convocare un Congresso generale che definisse la natura giuridica dell’Opus Dei e Karol Józef Wojtyła, il papa polacco che nel 1982 firmò la Costituzione Apostolica Ut Sit con cui veniva concessa all’istituzione la forma giuridica della prelatura personale secondo la disciplina del vigente Codice di diritto canonico. Un privilegio che consentì all’istituzione, per esempio, di formare e consacrare preti i laici provenienti dalle proprie fila senza troppe intromissioni della Curia romana.

Quando, in nome del carisma si nega autonomia alle realtà temporali, si pretende di sopprimere la libertà individuale anteponendo ossessivamente il bene dell’istituzione a quello della persona, l’esito è nefasto e criminale. Giuseppe Dossetti, a dialogo con Giuseppe Lazzati, sull’Opus Dei dichiarava: «Siamo nell’ambito della mancanza totale di democrazia»[11]. Ma può generarsi da una struttura assolutistica e ierocratica, come è quella della chiesa cattolica, una realtà veramente democratica? 



[1] Le numerarie ausiliari sono donne che nell’Opus Dei svolgo esclusivamente mansioni domestiche

[2] Costituzione Apostolica “Praedicate Evangelium” del 19 marzo 2022 che sposta la competenza della prelatura dalla Congregazione dei Vescovi al Dicastero del clero e il Motu Proprio “Ad charisma tuendum” del 14 luglio 2022.

[3] Positio super Virtutibus è un documento o una collazione di documenti usata nel processo di canonizzazione tramite cui una persona è dichiarata Venerabile

[4] https://www.publico.es/sociedad/papa-reabre-caso-gaztelueta-peticion-victima-abusos-sexuales.html

[5] https://www.adista.it/articolo/68502

[6] Avv. Sebastián Sal (https://www.sal-morchio.com.ar/quienes-somos/)

[7] Secondo l’art. 191 delle Costituzioni del 1950 nessuno dei membri dell’Opus Dei deve rivelare la propria appartenenza all’istituzione senza il permesso del direttore locale cioè del suo superiore. Questo obbligo di segretezza (chiamato umiltà e discrezione) vige sia per i membri dell’Opus Dei sia per quelli che se ne sono andati via.

[8] Il fascismo eterno delle sette, Appunti di semiotica dei culti, Luigi Corvaglia, MicroMega 29/11/2021

[9] Codex iuris particularis Operis Dei

[10] https://www.matrimonio.com/castelli-matrimoni/castello-di-urio--e259390

[11] A Colloquio con Dossetti e Lazzati, Il Mulino, 1984


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