Opus Dei, l'altra verità
MicroMega +, 7 Ottobre 2022
di Emanuela Provera (link all'originale qui)
«Sono
entrata a far parte dell’Opus Dei all’insaputa e senza il consenso dei miei
genitori. Ho lavorato come collaboratrice domestica per 16 ore al giorno, 7
giorni la settimana, 12 mesi all’anno senza pause, ferie, giorni di malattia e
senza percepire alcuna retribuzione», è lo sfogo accorato che raccolgo da
Filomena (nome di fantasia), una donna inglese che insieme ad altre 42 numerarie
ausiliari[1]
ha denunciato la prelatura dell’Opus Dei davanti al Vaticano e alla
Congregazione per la Dottrina della Fede, nel settembre del 2021. L’ accusa è “Abusi
di potere e di coscienza” con sottomissione delle vittime a situazioni di
sfruttamento personale.
Papa
Francesco ne viene a conoscenza, svolge un’accurata indagine e, qualche mese
più tardi, promulga due provvedimenti di portata epocale per l’Opus Dei: il
primo sancisce la natura
esclusivamente clericale dell’istituzione, i laici sono eventualmente al
servizio del clero e non viceversa come invece Escrivá ha sempre voluto far
credere; il secondo stabilisce che il prelato (attualmente Mons. Fernando
Ocáriz) non sarà più insignito, né insignibile dell’ordine episcopale, non
potrà essere vescovo come invece lo furono i suoi predecessori Álvaro del
Portillo e Javier Echevarría Rodriguez. Da quel momento il governo dell’Opus
Dei si fonderà sul carisma più che sull’autorità gerarchica[2]. Ma
«non può essere carisma qualcosa che lede e abusa così della coscienza
delle persone e viola la loro libertà» sono le parole di Marta (nome di
fantasia) che ha subito per un lungo periodo atti di abuso spirituale,
controllo sistematico della coscienza e violenza psicologica, con intromissione
invadente nella vita famigliare e negli spazi della sua abitazione, da parte di
preti e laici dell’Opus Dei.
Oggi
appaiono lontani i giorni festosi che prepararono quel 6 ottobre 2002, quando il
fondatore fu proclamato santo. La storia della prelatura, in Italia, che è
stata segnata da profonde crisi interne (come quella degli anni ’50 quando
tutta la direzione centrale se ne andò lasciando Escrivá, da solo, al comando
dell’Opus Dei, quella del 1973 quando uno degli uomini più vicini a Escrivá, il
prete Ugo Parroco, abbandonò l’istituzione, lasciando il sacerdozio e
sposandosi) segue comunque una parabola discendente solcata da avvenimenti di
portata anche internazionale.
Torniamo
indietro di qualche decennio, nel 1988: a sette anni dalla promulgazione del
Decreto che introduce la Causa di canonizzazione di Josemaría Escrivá de
Balaguer, termina l’elaborazione della Positio[3],
ossia la trattazione, in quattro volumi per un totale di 6.000
pagine, della vita e delle virtù del Servo di Dio. Sappiamo che l’esito del
processo canonico sarà positivo, Giovanni Paolo II proclamerà Escrivá santo. Contemporaneamente
allo svolgersi della procedura che, per un periodo di circa vent’anni, prepara la
proclamazione della sua santità vengono scritte altre pagine da chi ha
lasciato l’istituzione. Sono le voci contro l’Opus Dei e il suo fondatore, che
se trascritte supererebbero di gran lunga le seimila che ne decretavano la sua esaltazione.
Purtroppo, non sono mai state prese in considerazione dalla Congregazione
delle Cause dei Santi; il postulatore di Escrivá, don Flavio Capucci (che nel
processo svolse il ruolo di ‘promotore’ del candidato) ebbe un peso impareggiabile
nella conduzione di tutte le fasi del procedimento.
Spagna: poche settimane[4] fa
papa Francesco ha annunciato la riapertura, in sede canonica, di un caso di
violenza subita da uno studente del Colegio Gaztelueta, una scuola spagnola
affidata alla cura pastorale dell’Opus Dei; nel 2015 infatti la Congregazione
per la Dottrina della Fede, presieduta dal gesuita Luis Ladaria, archiviava il
caso reputando “non credibile” il racconto della vittima. È così che la vittima
fu abusata una seconda volta, disconoscendo la verità dei fatti che raccontò.
La
Corte di Vizcaya invece nel 2018 condannò l’imputato, l’ex numerario
dell’Opus Dei, José María Martínez Sanz, a undici anni di carcere per atti
compiuti tra il 2008 e il 2010. La Corte Suprema ha confermato la condanna
diminuendo la pena a due anni.
Cile: il 29 agosto 2022 l’ufficio di comunicazione dell’Opus Dei informa
che la prelatura ha transato un risarcimento pecuniario con la vittima “di
abuso di coscienza e di potere con connotazioni sessuali” compiuto da un prete
dell’istituzione, don Carlos Rodríguez Picado. La vittima, Luis Arévalo S., ha anche chiesto
e ottenuto che la prelatura faciliti alle vittime il modo di sporgere denuncia
attraverso il sito istituzionale. Il prete abusatore, Carlos Rodríguez Picado,
ha subito provvedimenti sanzionatori di tipo canonico ma ha evitato un regolare
processo penale come sarebbe accaduto a qualunque altro cittadino del suo Stato;
perché?
Argentina,
Paraguay, Bolivia, Europa: come
riportato all’inizio di questo articolo, il 9 settembre 2021 quarantatré donne
dell’Opus Dei[5],
che all’interno dell’Istituzione lavorarono come numerarie ausiliari, denunciano
la prelatura, davanti alla Congregazione per la Dottrina della Fede: abuso di
potere, tratta di esseri umani, sfruttamento e servitù. Lo Studio Legale che
segue la vicenda è “Sal & Morchio” di Buenos Aires; uno degli avvocati mi
racconta che a poche settimane dalla denuncia in Vaticano, il prelato mons.
Fernando Ocáriz nomina nuovo Vicario regionale dell’Argentina don Juan
Llavallol, è il 29 settembre 2021. Nel mese di novembre l’agenzia Reuters
diffonde in tutto il mondo la notizia della denuncia ed è solo in questo
momento che il nuovo Vicario contatta lo Studio “Sal & Morchio” per
concordare un incontro; l’avvocato Sebastián Sal mi racconta cosa è accaduto: «In tale riunione il Vicario riconosce tutti
gli abusi citati, si impegna a chiedere perdono istituzionale alle donne, dice
che tutto questo, nell'Opus Dei, non accade più e che a breve gli avvocati
dell'Opus Dei ci avrebbero contattato per trattare la questione economica»[6];
l’istituzione appare fortemente in affanno e sembra che agisca solo per arginare
lo tsunami che l’ha investita; infatti pochi giorni dopo lo Studio Legale si
incontra con gli avvocati mandati dall’Opus Dei i quali smentiscono tutti i
fatti ammessi da don Juan Llavallol e rifiutano un secondo incontro.
Questi
elencati sono solo alcuni episodi, recenti, che coinvolgono in modo grave la
prelatura dell’Opus Dei fondata da san Josemaría. Ma esiste tutto il sommerso di
cui ancora non è stata data notizia, che potrebbe provocare successive ondate
di denunce e processi.
L’origine
degli abusi che hanno segnato l’istituzione risiede in quello che i membri
chiamano lo ‘Spirito dell’Opus Dei’; un compendio di norme e regole, scritte e dettagliate,
che trovano la primitiva ispirazione nella bibbia dell’Opus Dei,
“Camino” una raccolta di 999 massime, nella quale Josemaría Escrivá de Balaguer
delinea una precisa fisionomia spirituale: l’obbedienza innanzitutto, lo
spirito critico è bandito, , il cuore è sempre traditore, la gola l’anticamera
dell’impurità, l’umiliazione e la disistima sono esaltate come mezzo di
santificazione, la mortificazione deve essere continua, la donna è sufficiente
sia saggia, solo all’uomo spetta la sapienza, la confessione sacramentale e la
direzione spirituale gli strumenti imprescindibili per entrare nell’Opus Dei, la
sfiducia in se stessi, la consegna della propria intimità ai direttori, la
strumentalizzazione delle amicizie per scopi esclusivamente apostolici o
proselitistici. E poi la repressione della sessualità e del desiderio, nelle
sue diverse forme, persino quando gli ambiti sono quelli della cultura, della
vita intellettuale, della conoscenza, così come della ricerca psicologica o
psicoanalitica. L’istituzione controlla ed esercita la propria autorità su ogni
sfera della vita dei membri, incluso il loro tempo libero, come le vacanze che
si fanno abitualmente “in gruppo” e in luoghi tipici come l’Alpe di Siusi, tra
le più belle Dolomiti in Alto Adige, «La mancanza di professionalità, una vita
costantemente controllata e normata da regole rigide mi hanno portata a
lasciare l’istituzione dopo diciotto anni che ne facevo parte» mi confida Heidi
Berger, tedesca, entrata nell’istituzione all’età di 14 anni.
Dentro
l’Opus Dei
La
vita nell’Opus Dei è una storia segnata dalla violenza subita da molte persone che
ne hanno fatto parte, ancora bisognose di ascolto e giustizia. Come abbia
potuto evolversi nella canonizzazione del suo fondatore, Josemaría
Escrivá de Balaguer, è in parte un mistero. Quel 6 ottobre 2002, giorno della proclamazione solenne
della sua santità, è stata calpestata la dignità dei sopravvissuti al carisma
di un’organizzazione nata in Spagna nel 1928 con lo scopo apparente di
proclamare la santificazione della vita ordinaria, dando testimonianza di fede
cristiana nel lavoro professionale. Non è stato possibile, negli anni del suo
sviluppo, conoscere quello che realmente avveniva al suo interno perché, per
volere del fondatore, alcune pratiche ascetiche fondamentali così come la
connessione tra uomini e potere dovevano essere taciute[7]. Tutta
la comunicazione dell’Opus Dei, sia quella esterna sia quella interna verso gli
stessi membri, si fonda sull’alterazione della storia e del linguaggio
tanto che gli stessi appartenenti (soprattutto i livelli bassi e intermedi) raccontano
con convinzione delle autentiche falsità. Questo è il motivo per cui, in Italia, la
stampa ha faticato ad affrontare con rigore le questioni e la storia di questa
istituzione: l’azione di insabbiamento e di travisamento dei fatti glielo
impedisce. La maggior parte dei membri dell’Opus Dei è convinta che l’istituzione
abbia finalità puramente spirituali e che chi racconta una verità diversa da
quella in cui loro stessi credono è mosso dal demonio, o dal male e dal
risentimento personale. La modalità segreta con cui si è svolta l’azione
dell’Opera nel mondo è sempre stata mitigata con parole come umiltà, discrezione
e riservatezza, ma “ciò va a tutto vantaggio di chi voglia operare una
ridefinizione del linguaggio, e tramite questo, del mondo percepito, come aveva
superbamente messo in rilievo anche George Orwell”[8]. È
quindi normale sentire i simpatizzanti e le persone che appartengono all’Opus
Dei dichiarare: “L’Opus Dei non ha nulla a che vedere con le faccende
politiche, è una istituzione della Chiesa con finalità puramente spirituali e
religiose…”.
Un
altro fattore che ha contribuito alla copertura dell’azione svolta dall’Opus
Dei al suo interno o in attività di carattere temporale è l’appoggio ricevuto
dalle istituzioni civili, dai governi e delle autorità politiche. Di fronte
alle accuse di sfruttamento nel lavoro provenienti da donne che hanno fatto
parte della prelatura in diverse parti del mondo, l’Opera ha sempre risposto
dichiarando che le strutture presso cui hanno lavorato i suoi membri non hanno
fini di lucro ma scopi educativi e di promozione sociale e hanno sempre goduto
del benestare delle autorità locali o nazionali. In Italia diverse decine di Residenze
Universitarie gestite dall’Opus Dei continuano a ricevere finanziamenti
dello Stato tramite il ministero dell’Università e della Ricerca. Ma anche
altre realtà ‘culturali’ o di ‘ricerca’ che rientrano nei Collegi di merito beneficiano
di finanziamenti pubblici oltre che privati.
Un’altra
verità
Un’altra
verità ha iniziato a farsi strada mentre nel corso degli anni i transfughi hanno
cominciato a parlare; membri numerari (e tra queste le numerarie
ausiliari), aggregati, soprannumerari hanno raccontato pubblicamente
la loro vita dentro l’Opus Dei. È emersa una tremenda analogia delle loro
testimonianze: abuso spirituale, limitazione della libertà, controllo delle
emozioni, intromissione nelle scelte professionali, isolamento, limitazioni dalla
vita sociale, proibizioni nelle letture dei libri e nella visione dei film, divieto
di esercizio della sessualità, dipendenza affettiva nei confronti dei superiori
e del direttore spirituale, proibizione di ricorrere a supporti psicologici o
psichiatrici che non fossero autorizzati dai superiori, violazione delle norme
che regolano il diritto del lavoro, violazione delle tutele previdenziali, induzione
al suicidio, stati permanenti di esasperazione e depressione, alienazione e
condizione indotta di povertà economica. In Italia sono state inoltre determinanti
le indagini condotte da bravi giornalisti; ricordo con una certa commozione
Maurizio Di Giacomo che poco prima di morire, affaticato dalla malattia,
affrontò un pesante viaggio da Roma a Milano per consegnarmi una valigia piena
dei documenti che gli servirono per scrivere “Opus Dei” pubblicato da Tullio
Pironti Editore nel 1987; era la prima volta che si rendevano pubblici gli
Statuti[9]
che da pochi anni reggevano l’istituzione. Ma ancora prima, all’inizio degli
anni Settanta, La Sugar Editore pubblicava in Italia il bel libro di Yvon Le
Vaillant “Sainte Maffia: Le Dossier de l’Opus Dei” nel quale, ben documentate, vengono
raffigurate le modalità occulte con cui i membri dell’Opus Dei penetravano gli
ambienti accademici, universitari e industriali. Il primo libro che raccoglie
invece le testimonianze dei transfughi è “Opus Dei segreta” di Ferruccio Pinotti
pubblicato dalla Bur nel 2006; ebbe una grande eco e costrinse la prelatura a difendersi
di fronte all’opinione pubblica del nostro paese. I giornalisti Giuseppe Oddo e
Angelo Mincuzzi lavorarono ad una grande inchiesta e rivelarono cosa ruotava
intorno all’assassinio del finanziere Gianmario Roveraro, soprannumerario
dell’Opus Dei e punta di diamante della finanza cattolica milanese:
associazioni, fondazioni e società riconducibili alla prelatura; il libro,
pubblicato nel 2011 da Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano, è “Opus Dei il
segreto dei soldi”. Emerge una realtà cruda, a tratti cinica, fatta di
interessi e intrecci economici, lontana dalla predicazione celebrativa dell’istituzione:
“le uniche guerre che si combattono, tra una stock option e l’altra, sono
quelle del potere” non quelle di religione. Non a caso i primi a rompere con
Roveraro, dopo la sua uscita dalla Sige, sono i “colleghi” dell’Opus Dei…
La
canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer, così come quelle appena
avviate di altri fondatori carismatici, è soprattutto una questione di
potere e ha una rilevanza più secolare che non spirituale; inoltre, dal punto
di vista del magistero ordinario, in ambito cattolico, la coscienza dei fedeli
non è vincolata al giudizio della chiesa sulla santità di una persona.
Un
nuovo corso
L’Opus
Dei è ora in difficoltà: meno vocazioni, meno clamore, meno case dedicate alle sue
attività, meno appoggi; il Castello di Urio sul Lago di Como, prestigiosa ed
elegante sede, deputata a convegni e attività formative promosse dalla
prelatura, è stata trasformata in un sito per eventi festosi: viene affittata
per matrimoni[10]
con lo scopo di raccogliere soldi e sfruttare i suoi ampi e lussuosi spazi.
Ma
la preoccupazione forse più grande che si trova ad affrontare la prelatura
dell’Opus Dei sono le notizie di abusi commessi dai suoi membri e divulgate
dalla stampa internazionale; a tale proposito è stato istituito, nel 2016, un Servizio
di tutela dei minori e persone vulnerabili attraverso l’approvazione delle ‘Norme
per l’indagine in caso di accuse di abuso sessuale nei confronti di minori
attribuite a fedeli della Prelatura dell’Opus Dei in Italia’; il 4 novembre
2021 (guarda caso dopo la presentazione della denuncia fatta dalle 43 ex
numerarie ausiliari al Vaticano e alla CDF) l’Opus Dei approva il ‘Protocollo
per l’indagine in caso di denunce e altre notizie di abuso contro i minori e
persone vulnerabili nelle attività apostoliche e di formazione cristiana
realizzate dalla Prelatura dell’Opus Dei in Italia’. Contattato per
reperire aggiornamenti sul tema, l’ufficio stampa della prelatura risponde che
“Dal 2016 ad oggi né al Comitato né ai coordinatori sono arrivate denunce o
segnalazioni di abusi”.
Che
non significa ‘nessun abuso’, perché essendo, il Servizio di tutela, un
organismo interno non può essere imparziale, e mancando l’elemento della
terzietà le vittime non si sentono motivate a ricorrervi per ottenere verità e
giustizia.
Escrivá
de Balaguer è diventato santo grazie ad un processo ininterrotto di consolidamento
del suo potere e di autonomia dal controllo della Santa Sede. Tra i principali
responsabili di questa storia vi sono almeno due personaggi di rilievo:
Paolo VI che nel 1969 accoglieva la richiesta di Escrivá di convocare un
Congresso generale che definisse la natura giuridica dell’Opus Dei e Karol Józef Wojtyła, il papa polacco che
nel 1982 firmò la Costituzione Apostolica Ut Sit con cui veniva concessa all’istituzione
la forma giuridica della prelatura personale secondo la disciplina del vigente Codice
di diritto canonico. Un privilegio che consentì all’istituzione, per esempio,
di formare e consacrare preti i laici provenienti dalle proprie fila senza troppe
intromissioni della Curia romana.
Quando,
in nome del carisma si nega autonomia alle realtà temporali, si pretende
di sopprimere la libertà individuale anteponendo ossessivamente il bene
dell’istituzione a quello della persona, l’esito è nefasto e criminale. Giuseppe
Dossetti, a dialogo con Giuseppe Lazzati, sull’Opus Dei dichiarava: «Siamo
nell’ambito della mancanza totale di democrazia»[11].
Ma può generarsi da una struttura assolutistica e ierocratica, come è quella
della chiesa cattolica, una realtà veramente democratica?
[1] Le numerarie
ausiliari sono donne che nell’Opus Dei svolgo esclusivamente mansioni
domestiche
[2]
Costituzione Apostolica “Praedicate
Evangelium” del 19 marzo 2022 che sposta la competenza della prelatura
dalla Congregazione dei Vescovi al Dicastero del clero e il Motu Proprio “Ad
charisma tuendum” del 14 luglio 2022.
[3] Positio
super Virtutibus è un documento o una collazione di documenti usata nel
processo di canonizzazione tramite cui una persona è dichiarata Venerabile
[4] https://www.publico.es/sociedad/papa-reabre-caso-gaztelueta-peticion-victima-abusos-sexuales.html
[5] https://www.adista.it/articolo/68502
[6] Avv. Sebastián Sal (https://www.sal-morchio.com.ar/quienes-somos/)
[7] Secondo
l’art. 191 delle Costituzioni del 1950 nessuno dei membri dell’Opus Dei deve rivelare
la propria appartenenza all’istituzione senza il permesso del direttore locale
cioè del suo superiore. Questo obbligo di segretezza (chiamato umiltà e
discrezione) vige sia per i membri dell’Opus Dei sia per quelli che se ne sono
andati via.
[8] Il fascismo
eterno delle sette, Appunti di semiotica dei culti, Luigi Corvaglia,
MicroMega 29/11/2021
[9] Codex iuris
particularis Operis Dei
[10] https://www.matrimonio.com/castelli-matrimoni/castello-di-urio--e259390
[11] A
Colloquio con Dossetti e Lazzati, Il Mulino, 1984