Rafael ci racconta l'Opus Dei

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Intervista esclusiva ad un uomo che per 20 anni ha fatto il numerario dell'Opera. La sua testimonianza parla di irregolarità fiscali e privazioni della vita personale

Rafael (il nome è di fantasia) è sudamericano, è stato numerario dell'Opus Dei per 20 anni, dal 1990 al 2010 Ha chiesto l'Ammissione all'età di 18 anni. La sua testimonianza è significativa perché per molti anni ha vissuto in Italia e precisamente a Cavabianca, un centro dell'Opus Dei a Roma. Abbiamo incontrato Rafael che ha risposto a qualche domanda per raccontarci la sua esperienza nell'Opera; anche lui come tanti altri transfughi ha rilevato prassi di irregolarità fiscale, mancanza di libertà personale nella conduzione della propria vita, pressione psicologica che arriva fino al plagio per indurre a stare nell'istituzione:

- Cosa facevi dentro l'Opus Dei?

A mala pena sono riuscito a finire l'università a causa dei molti incarichi che l'Opera mi assegnava. Poi ho lavorato. Mi hanno sempre detto (è tipico nella formazione dell'Opus) che la mia attività prevalente sarebbe stata il lavoro professionale, ma la verità è che, come numerario, sono sempre stato travolto dagli "incarichi interni" (cioè la formazione dei soprannumerari, la conduzione dei corsi di ritiro, e mille altre cose di questo genere). Ho svolto quasi sempre l'incarico di governo di membro del Consiglio Locale (come segretario). Ciò significa che gestivo i soldi, anche per l'Amministrazione (ossia per le donne che, quasi come schiave, lavorano nei centri dell'Opera). Mi occupavo dei pagamenti e di controllare il denaro dagli altri (tutti i numerari mi consegnavano i loro soldi e il loro bancomat poi, con cadenza settimanale, davo loro i soldi per le spese strettamente necessarie... ) La banca colombiana è quasi interamente elettronica, visto che io lavoravo part-time "fuori dal sistema", dovevo ricevere lo stipendio con accredito su conto corrente bancario. I numerari infatti NON potevano essere titolari di un conto corrente bancario. In questi casi, il segretario custodiva la carta elettronica di pagamento [bancomat o carta di credito] con la quale effettuava i prelevamenti dei soldi modificando anche, alla prima occasione, il codice pin. Il controllo dell'estratto conto bancario e dei movimenti effettuati con la carta era rigoroso. Ciò non mi pareva legale, dato che tutte le banche proibiscono che ci sia questo traffico dalla password. Oltre al fatto che il titolare del conto corrente non potesse più effettuare movimenti con la propria carta elettronica. Ciò significa che l'Opus Dei conosce esattamente la situazione economica almeno di tutti i membri numerari. Lo posso dire perché sono stato quasi sempre segretario, fino sei mesi prima di andare via.

- Cosa mi dici circa l'Opus Dei e il fisco? In Italia alcuni Centri dell'Opera non dichiarano i versamenti fatti dai membri all'istituzione, generando forse, situazioni di evasione fiscale.

Il più delle volte le "casas pequeñas", ossia i centri dell'Opera piccoli, non esistevano legalmente per "fuggire" il controllo del fisco, cosicché il segretario aveva un conto bancario per regolare i pagamenti dalla "caja C" [cassa C], cioè elettricità, acqua, Amministrazione. Ciò accadeva anche in Centri dell'Opera più esposti all'azione del fisco; fino a qualche mese fa', per esempio, la residenza universitaria della capitale del mio paese non esisteva legalmente e non versava al fisco, pur essendo di fatto un'attività di carattere commerciale perché offre un servizio a pagamento.

- Perché sei stato nell'Opus Dei tanti anni?

Una delle cose difficili da digerire, dopo aver lasciato l'Opera, è trovare una ragione che abbia giustificato il soggiorno in un luogo così "delirante". Per ora mi sono dato queste risposte: quando sei "di San Raffaele" [cioè sei un ragazzo, spesso minorenne, ma non ancora dell'Opus Dei] ti fanno conoscere poco di ciò che significa essere numerario. Io ero un ragazzo con una certa curiosità spirituale unita ad una innata sensibilità sociale. Nel mio paese c'è un' evidente sperequazione sociale: molti ricchi, molti poveri, per cui la classe media economica è ridotta. L'Opus Dei ha fatto leva su questa mia sensibilità per farmi partecipare ad attività di tipo "sociale" ma che non erano veramente tali. Contemporaneamente mi hanno introdotto in un clima di preghiera costante e di direzione della mia coscienza; con il passare del tempo sono riuscito a pensare che Dio voleva quello per me, cioè che io diventassi come loro e donassi la mia vita interamente a Dio dentro l'istituzione. Loro, il direttore del Centro, il sacerdote e il numerario che faceva "l'amico" con me, mi indirizzavano verso quella meta. Ero molto giovane. Non riesco a capire bene cosa mi sia successo. Penso che i mezzi di persuasione siano simili al "brain wash service". Non è semplice capire se sei tu che hai fatto la richiesta per essere ammesso nell'Opera. Loro avvicinano i giovani perché sono motivati da un sincero desiderio di aiutare il prossimo, di fare del bene, ma quando sei giovane non sei così maturo per capire ciò che veramente accade. Il vero motivo per cui organizzavano quelle attività "sociali" non era autentico. Non si arrivava mai a qualcosa di socialmente utile. Anche nel caso di attività sociali importanti, lo scopo è quello di attirare persone che siano disponibili a entrare nell'Opera e dare soldi all'istituzione. Basta guardare in Italia cosa succede al Tiburtino [Roma]. Quindi sono entrato nell'Opus Dei e ci sono rimasto per Dio ma dopo una certa pressione esercitata dal direttore del Centro, dal sacerdote, dal tutor e dal direttore della Commissione che talvolta mi si avvicinava per rincarare la dose. Ah! Ai miei tempi non c'era informazione tramite internet, era l'inizio cosicché l'unica informazione sull'Opera proveniva da "dentro". Forse adesso è più facile sapere cos'è veramente l'Opera, speriamo che sia un'altra storia per le nuove generazioni!

- Perché secondo te le persone di valore escono dall'Opera?

È vero, io ho conosciuto l'Opera e sono entrato a farne parte in una città dove, per combinazione, le persone avevano un certo profilo intellettuale ed erano di valore. Peccato però che, oggi, nessuna di loro è ancora dentro. Erano ragazzi che credevano veramente nel sistema. Vedevano situazioni sbagliate all'interno ma pensavano che un giorno, anche grazie al loro contributo, ci sarebbe stato un cambiamento. Poi hanno iniziato a pensare sempre più liberamente. E ciò non è ammesso nell'Opera. Sono dovuti uscire, qualcuno magari a malincuore.

- Come hai vissuto il rapporto con la tua famiglia di origine, genitori e fratelli?

L'Opus Dei cerca con tutti i mezzi di farti stare lontano dalla tua famiglia. Io per esempio non ho potuto partecipare a momenti importanti della vita dei miei fratelli e genitori... Vi è un termine interno che caratterizza il linguaggio opusiano e che viene trasmesso nella formazione dei numerari: familiosis. L'aveva coniato Escrivá per indicare un eccessivo attaccamento ai propri cari. Se tu hai la "familiosis" (cioè un'idea deformata della famiglia...) significa che non hai buono spirito. Che non sei allineato con lo stile dell'istituzione.

- Come hai resistito a questa "rottura" forzata con i tuoi genitori e fratelli?

Quando sei nell'Opera vivi una sorte di sindrome di Stoccolma, ti identifichi con il tuo carnefice come meccanismo di difesa e incarni il suo ruolo. Tutta la formazione che ricevevo era assillante, continua e ripetitiva, centrata su un discorso univoco: fare l'Opus Dei attraverso un proselitismo incessante. Ma un giorno non vedi più chiaro perché si interrompe la finzione e crolla tutto.

- E i tuoi soldi, quelli che hai guadagnato con il lavoro o che hai ricevuto dalla famiglia, come sono stati gestiti nell'Opera? 

In modo terribile. Ho fatto quel che l'Opus chiede ai numerari e questo significa che sono uscito senza un soldo. Ho lasciato tutto li perché non ho mai avuto il "possesso" dei miei beni e ora non posso pretendere nulla dall'istituzione; è previsto negli Statuti che chi esce non può ricevere niente sul piano economico. Grazie alla mia famiglia, che mi sta aiutando in questi primi mesi di libertà e grazie a quel poco di lavoro che ho potuto fare nel tempo in cui non ero preso dalle mille stupidate dell'Opus Dei, ho fatto una buona partenza, ma devo ricostruire 20 anni in cui non sono vissuto nel mondo.

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